La Stevia è una pianta arbustiva perenne della famiglia
delle Asteracee, nativa delle montagne fra Paraguay e Brasile e la sua
descrizione (Stevia Rebaudiana Bertoni) la si deve a un botanico paraguayano,
Moises Santiago Bertoni, che la individuò nel 1887 e la chiamò Eupatorium
rabaudianum. Così lui scriveva nel 1899: “è veramente incredibile il potere
dolcificante di questa piantina. Un frammento di foglie di pochi millimetri è
sufficiente per tenere dolce la bocca per un’ora, un pezzettino di foglia basta
per dolcificare una forte tazza di caffè o di tè”. Una ventina di anni più
tardi, assunse il nome che porta ancora adesso.
Esistono molte specie di Stevia, ma solo la Stevia
Rebaudiana Bertoni sembra possedere proprietà dolcificanti di una certa
importanza. Può essere utilizzata sotto diverse forme (foglie fresche, foglie
in polvere, capsule, estratto disidratato, concentrato liquido, tintura di
stevia e anche tisana con effetto diuretico) a seconda degli usi che si intende
farne.
Nelle foglie sono presenti ben quattro sostanze edulcoranti:
dulcoside A, stevioside, rebaudioside A e rebaudioside C. Il rebaudioside A e
lo stevioside hanno un notevole potere dolcificante (rispettivamente 110-270 e
180-400 volte superiore rispetto a quello del saccarosio, il normale zucchero
da cucina). Gli estratti sono inoltre caratterizzati da una notevole stabilità
alle alte temperature (fino a 200 °C) per cui conservano perfettamente le loro
caratteristiche anche in prodotti da forno o in bevande calde, diversamente da
altri dolcificanti di sintesi come l’aspartame, che subisce degradazione.
La Stevia è conosciuta da molti popoli dell’area geografica
sud-americana da diversi millenni, oltre che per il potere dolcificante delle
sue foglie, anche per le proprietà medicinali, infatti è stata correntemente
usata da secoli dai popoli indigeni del sud America per le sue doti curative,
ed è usata ancora oggi. Gli indigeni dell’Amazzonia ne conoscono anche le
proprietà curative e medicamentose a beneficio del pancreas, utilizzandola
anche come antibatterico e antifungino. Inoltre sono oggi sotto analisi le sue
proprietà contro la iperattività, l’ipertensione e le indigestioni.
I principi dolcificanti sono in tutte le parti della pianta,
ma sono più disponibili e concentrati nelle foglie, che quando sono seccate
(disidratate), hanno un potere dolcificante (ad effetto della miscela dei due
componenti dolcificanti) da 150 a 250 volte il comune zucchero. Contrariamente
però allo zucchero, i principi attivi non hanno alcun potere nutrizionale (zero
calorie), perché il corpo umano non metabolizza i glucosidi.
Una pianta poco nota in Europa
Viene spontaneo chiedersi come mai in Europa molte persone
non l’hanno neanche sentita nominare, mentre in America Latina o in Giappone è
ampiamente diffusa. Il problema è legato al costituente chimico principale,
responsabile della dolcezza della pianta: lo stevioside, identificato negli
anni Trenta del secolo scorso e considerato cancerogeno. Ma forse anche al
fatto che la pianta avrebbe costo zero, basterebbe coltivare poche piantine sul
balcone di casa per avere il dolce che serve, per cui potrebbe metterebbe in
crisi le industrie produttrici di zucchero europee. All’estero negli anni
Settanta furono i giapponesi per primi a scoprirne le grandi virtù. Oggi, nel
paese del Sol Levante lo zucchero della Stevia sostituisce già il 40% del
mercato degli edulcoranti: viene usato per esempio nella produzione di bibite
light come la Diet Coke, di caramelle e alimenti secchi usati come prodotti per
la prima colazione.
Gli effetti della stevia
Il suo uso è stato nel tempo oggetto di opinioni discordanti
sugli effetti che poteva avere sulla salute umana e solo recentemente, più
precisamente nel luglio 2012, è stata autorizzata la produzione e la vendita di
Stevia nell’Unione Europea come dolcificante alimentare. La Direzione generale
Salute e tutela dei consumatori della Commissione Europea ha approvato il
regolamento degli estratti di Stevia (glicosidi steviolici) da usare come
dolcificante a livello europeo.
Prima di questa data, la European Food Safety Authority, la
Commissione che decide della nocività o meno degli alimenti che possono
circolare nell’Unione Europea, consentiva l’uso della Stevia solo come
Supplemento Dietetico, ma non come dolcificante o ingrediente per le
preparazioni alimentari, anche perché alcuni suoi componenti, alle dosi
testate, come lo steviolo e lo stevioside erano ritenuti sospetti di
cancerogenicità e non esistevano ancora studi ufficiali univoci sugli effetti
che il suo utilizzo potesse comportare.
In realtà la Stevia è normalmente consumata in molti paesi,
in alcuni di questi da molto tempo e senza particolari problemi. In tali paesi
è considerata meno dannosa di altri dolcificanti, come l’aspartame o
l’acesulfame K, usata come estratto secco o come infuso fresco. Nel 2004 un
gruppo di ricercatori belgi ha organizzato un simposio internazionale sulla
sicurezza dello stevioside ed è stata accertata la sua non cancerogenicità,
anche perché non viene assorbito direttamente dall’intestino ma viene degradato
dai batteri del colon a steviolo, in gran parte eliminato con le urine e
comunque le dosi di assunzione alimentare sono infinitamente inferiori rispetto
a quelle utilizzate dagli studi. Esaminando i dati disponibili dai Paesi che ne
fanno uso anche come infuso, FAO e OMS hanno fissato i limiti per il suo
consumo che stabiliscono una “dose massima giornaliera” di 2 mg/kg peso
corporeo di steviolo.
Alcuni studi
Molti gli scienziati che in campo alimentare, nutrizionale e
sanitario in generale, ne stimano il notevole beneficio per l’intera umanità,
tale da ridurre i problemi di diabete e obesità infantile e ridurre i costi
sanitari e sociali di diverse decine di miliardi di euro, ma soffermiamoci su
qualcuno degli studi fatti, per analizzare le molteplici e sorprendenti virtù
di questa pianta che potrebbe presto sostituire i prodotti dolcificanti di
utilizzo quotidiano.
Secondo uno studio del 2012 del Dipartimento di Nutrizione
applicata del Food Research Laboratory in Mysore, India, la somministrazione di
Stevia sui ratti affetti da diabete ha determinato una riduzione di glucosio
nel sangue, una riduzione di MDA (Malondialdeide) nel fegato e migliorato il
preesistente stato ossidativo: le conclusioni dello studio riportano la
significativa riduzione dei danni al fegato e ai reni, oltre l’effetto
ipoglicemizzante e antiossidativo della Stevia che fanno ben sperare per
eventuali future applicazioni su pazienti diabetici.
Un altro studio sempre dello scorso anno, a Bogotà, presso
il Dipartimento di Microbiologia della Facoltà di Scienze della Pontificia
Universidad Javeriana, Colombia, ha indagato sugli effetti che la Stevia poteva
avere sui microorganismi che causano le carie dentali, per valutare la sua
eventuale capacità antibatterica, giungendo a risultati molto positivi.
Gli studi si sono intensificati negli ultimi anni e ancora
tanti ne verranno fatti per testare le innumerevoli capacità che possiede
questa piccola piantina così ricca di proprietà. C’è da prevedere che i
risultati saranno sorprendenti e presto questo prezioso vegetale potrà
diventare una componente consueta della nostra alimentazione.