mercoledì 31 luglio 2013

La stevia









La Stevia è una pianta arbustiva perenne della famiglia delle Asteracee, nativa delle montagne fra Paraguay e Brasile e la sua descrizione (Stevia Rebaudiana Bertoni) la si deve a un botanico paraguayano, Moises Santiago Bertoni, che la individuò nel 1887 e la chiamò Eupatorium rabaudianum. Così lui scriveva nel 1899: “è veramente incredibile il potere dolcificante di questa piantina. Un frammento di foglie di pochi millimetri è sufficiente per tenere dolce la bocca per un’ora, un pezzettino di foglia basta per dolcificare una forte tazza di caffè o di tè”. Una ventina di anni più tardi, assunse il nome che porta ancora adesso.
Esistono molte specie di Stevia, ma solo la Stevia Rebaudiana Bertoni sembra possedere proprietà dolcificanti di una certa importanza. Può essere utilizzata sotto diverse forme (foglie fresche, foglie in polvere, capsule, estratto disidratato, concentrato liquido, tintura di stevia e anche tisana con effetto diuretico) a seconda degli usi che si intende farne.
Nelle foglie sono presenti ben quattro sostanze edulcoranti: dulcoside A, stevioside, rebaudioside A e rebaudioside C. Il rebaudioside A e lo stevioside hanno un notevole potere dolcificante (rispettivamente 110-270 e 180-400 volte superiore rispetto a quello del saccarosio, il normale zucchero da cucina). Gli estratti sono inoltre caratterizzati da una notevole stabilità alle alte temperature (fino a 200 °C) per cui conservano perfettamente le loro caratteristiche anche in prodotti da forno o in bevande calde, diversamente da altri dolcificanti di sintesi come l’aspartame, che subisce degradazione.
La Stevia è conosciuta da molti popoli dell’area geografica sud-americana da diversi millenni, oltre che per il potere dolcificante delle sue foglie, anche per le proprietà medicinali, infatti è stata correntemente usata da secoli dai popoli indigeni del sud America per le sue doti curative, ed è usata ancora oggi. Gli indigeni dell’Amazzonia ne conoscono anche le proprietà curative e medicamentose a beneficio del pancreas, utilizzandola anche come antibatterico e antifungino. Inoltre sono oggi sotto analisi le sue proprietà contro la iperattività, l’ipertensione e le indigestioni.
I principi dolcificanti sono in tutte le parti della pianta, ma sono più disponibili e concentrati nelle foglie, che quando sono seccate (disidratate), hanno un potere dolcificante (ad effetto della miscela dei due componenti dolcificanti) da 150 a 250 volte il comune zucchero. Contrariamente però allo zucchero, i principi attivi non hanno alcun potere nutrizionale (zero calorie), perché il corpo umano non metabolizza i glucosidi.

Una pianta poco nota in Europa
Viene spontaneo chiedersi come mai in Europa molte persone non l’hanno neanche sentita nominare, mentre in America Latina o in Giappone è ampiamente diffusa. Il problema è legato al costituente chimico principale, responsabile della dolcezza della pianta: lo stevioside, identificato negli anni Trenta del secolo scorso e considerato cancerogeno. Ma forse anche al fatto che la pianta avrebbe costo zero, basterebbe coltivare poche piantine sul balcone di casa per avere il dolce che serve, per cui potrebbe metterebbe in crisi le industrie produttrici di zucchero europee. All’estero negli anni Settanta furono i giapponesi per primi a scoprirne le grandi virtù. Oggi, nel paese del Sol Levante lo zucchero della Stevia sostituisce già il 40% del mercato degli edulcoranti: viene usato per esempio nella produzione di bibite light come la Diet Coke, di caramelle e alimenti secchi usati come prodotti per la prima colazione.

Gli effetti della stevia
Il suo uso è stato nel tempo oggetto di opinioni discordanti sugli effetti che poteva avere sulla salute umana e solo recentemente, più precisamente nel luglio 2012, è stata autorizzata la produzione e la vendita di Stevia nell’Unione Europea come dolcificante alimentare. La Direzione generale Salute e tutela dei consumatori della Commissione Europea ha approvato il regolamento degli estratti di Stevia (glicosidi steviolici) da usare come dolcificante a livello europeo.
Prima di questa data, la European Food Safety Authority, la Commissione che decide della nocività o meno degli alimenti che possono circolare nell’Unione Europea, consentiva l’uso della Stevia solo come Supplemento Dietetico, ma non come dolcificante o ingrediente per le preparazioni alimentari, anche perché alcuni suoi componenti, alle dosi testate, come lo steviolo e lo stevioside erano ritenuti sospetti di cancerogenicità e non esistevano ancora studi ufficiali univoci sugli effetti che il suo utilizzo potesse comportare.
In realtà la Stevia è normalmente consumata in molti paesi, in alcuni di questi da molto tempo e senza particolari problemi. In tali paesi è considerata meno dannosa di altri dolcificanti, come l’aspartame o l’acesulfame K, usata come estratto secco o come infuso fresco. Nel 2004 un gruppo di ricercatori belgi ha organizzato un simposio internazionale sulla sicurezza dello stevioside ed è stata accertata la sua non cancerogenicità, anche perché non viene assorbito direttamente dall’intestino ma viene degradato dai batteri del colon a steviolo, in gran parte eliminato con le urine e comunque le dosi di assunzione alimentare sono infinitamente inferiori rispetto a quelle utilizzate dagli studi. Esaminando i dati disponibili dai Paesi che ne fanno uso anche come infuso, FAO e OMS hanno fissato i limiti per il suo consumo che stabiliscono una “dose massima giornaliera” di 2 mg/kg peso corporeo di steviolo.

Alcuni studi
Molti gli scienziati che in campo alimentare, nutrizionale e sanitario in generale, ne stimano il notevole beneficio per l’intera umanità, tale da ridurre i problemi di diabete e obesità infantile e ridurre i costi sanitari e sociali di diverse decine di miliardi di euro, ma soffermiamoci su qualcuno degli studi fatti, per analizzare le molteplici e sorprendenti virtù di questa pianta che potrebbe presto sostituire i prodotti dolcificanti di utilizzo quotidiano.
Secondo uno studio del 2012 del Dipartimento di Nutrizione applicata del Food Research Laboratory in Mysore, India, la somministrazione di Stevia sui ratti affetti da diabete ha determinato una riduzione di glucosio nel sangue, una riduzione di MDA (Malondialdeide) nel fegato e migliorato il preesistente stato ossidativo: le conclusioni dello studio riportano la significativa riduzione dei danni al fegato e ai reni, oltre l’effetto ipoglicemizzante e antiossidativo della Stevia che fanno ben sperare per eventuali future applicazioni su pazienti diabetici.
Un altro studio sempre dello scorso anno, a Bogotà, presso il Dipartimento di Microbiologia della Facoltà di Scienze della Pontificia Universidad Javeriana, Colombia, ha indagato sugli effetti che la Stevia poteva avere sui microorganismi che causano le carie dentali, per valutare la sua eventuale capacità antibatterica, giungendo a risultati molto positivi.

Gli studi si sono intensificati negli ultimi anni e ancora tanti ne verranno fatti per testare le innumerevoli capacità che possiede questa piccola piantina così ricca di proprietà. C’è da prevedere che i risultati saranno sorprendenti e presto questo prezioso vegetale potrà diventare una componente consueta della nostra alimentazione.

lunedì 29 luglio 2013

La postura



La postura è l’adattamento personalizzato di ogni individuo all’ambiente fisico, psichico ed emozionale. In altre parole, è il modo con cui reagiamo alla forza di gravità, interagiamo e comunichiamo. La posturologia si può quindi definire come una scienza multidisciplinare che abbraccia numerose branche della medicina e della tecnica essendo implicata in molte problematiche muscolo-scheletriche ed organiche.È evidente che qualsiasi forza (di spinta, trazione, rotazione ecc.) agisca sul sistema cibernetico “uomo”, avrà in risposta un atteggiamento di compenso specifico che coinvolge l’intero organismo. Tale risposta, coinvolgendo una serie di sistemi e sottosistemi di compenso, influenza le azioni nelle varie regioni corporee. In base alla forza scatenante, la dinamica motoria risultante potrà essere in ambito fisiologica o patologica. In quest’ultimo caso, laddove il sistema non è in grado di sviluppare la spinta compensatoria, è possibile che si verifichi l’insorgenza di patologia.Compito della posturologia è il ripristino dei corretti gesti motori, in statica e in dinamica, riprogrammando il sistema tonico posturale in un ambito fisiologico, tramite un intervento e un programma personalizzato multidisciplinare. La statica, nella posturologia, è il primo step valutativo, quello che condiziona la vita quotidiana. La posizione statica è la base del movimento, il punto di partenza che condiziona tutti i gesti dinamici. Inoltre, è la posizione dove il corpo è maggiormente agevolato nell’ottica di bilanciarsi al meglio, senza perturbazioni esterne e perciò è il primo indice di disequilibri. La valutazione statica quindi è analizzata nel primo strumento, StabilityTM, dove tutte le componenti propriocettive vengono vagliate ai fini di individuare le prime carenze posturali dell’utente. Il quotidiano, le attività lavorative e ludiche, i gesti funzionali piuttosto che domiciliari, vengono adempiuti in situazioni dinamiche, dove il movimento si dimostra efficace solo se supportato dalla corretta integrazione delle informazioni propriocettive periferiche e loro elaborazione centrale.Pro-kinTM è il primo strumento valutativo dell’equilibrio dinamico che permette di individuare, anche in presenza di una posturologia statica corretta, se il movimento, le correzioni feedback e il sistema degli schemi motori è in grado di agire nel quotidiano con efficacia, economia ed omogeneità nella distribuzione dei carichi.Il terzo strumento, TrunkTM, è la vera innovazione. Una macchina propriocettiva in grado di dare indicazione sulla quantità e qualità della percezione del movimento. Il bacino, lo snodo fondamentale trasduttore della core-stability, ha trovato uno strumento allo stesso tempo valutativo ed allenante. Il rinforzo centrale, la stabilizzazione lombare e tutti i principi di sviluppo di un solido nucleo propulsore ora sfonda la frontiera del condizionamento muscolare e si addentra nella qualità del movimento, del controllo motorio. Finalmente la pelvi diventa un trasduttore di forze, non solo una base solida di ancoraggio dei distretti periferici che, in assenza di un corretto movimento coordinato e modulare, non contribuisce in alcun modo alla qualità dei gesti quotidiani.Infine, dopo essersi addentrati nell’intimo delle valutazioni specifiche dei distretti sensoriali e delle elaborazioni cerebrali, uno sguardo globale: Postural BenchTM. Il sistema effettore, i muscoli e le catene muscolari necessitano di un corretto bilanciamento per poter essere efficaci nella loro funzione di effettori. Gli squilibri, le asimmetrie, la distribuzione dei carichi sulla colonna vertebrale sono solo alcune delle eziopatologie da valutare e correggere.






Adolescenza e fitness


Spesso mi ritrovo di fronte a frasi del tipo “sei troppo piccolo per andare in palestra”, “andare in palestra così giovane è dannoso” ecc., e allora mi chiedo: ma esistono davvero problemi legati all’allenamento in palestra per i giovani? Molti preparatori sconsigliano questo allenamento preferendo i cosidetti esercizi a carico naturale, dicendo che allenarsi in palestra è troppo “pesante” per soggetti in via di sviluppo. Iniziamo con una piccola riflessione: il peso del corpo (carico naturale) è sicuramente un carico più alto di quello imposto dai pesi, è un carico non graduabile e forse, in certi casi, troppo elevato per le articolazioni in quell’età. A mio parere (e non solo mio) non ci sono controindicazioni nel praticare attività di pesi in giovane età, anzi possiamo dire che:
- Carichi adeguati facilitano la formazione dell’osso
- Alcuni studi parlano di aumenti nella statura
- Otteniamo sicuramente una modificazione positiva dello stato di salute
- Lo sviluppo di tronco e addome avranno funzione preventiva verso atteggiamenti viziati tipici dell’età
- Il miglioramento fisico genera autostima.

Ovviamente tutto ciò lo otteniamo solo e soltanto se il personale che troviamo in palestra saprà come comportarsi, cosa proporre e riuscirà a fare una valutazione oggettiva dell’atleta in esame.
È anche importante sapere che i parametri fisiologici si muovono come segue:
- Resistenza aerobica: migliora molto nelle bambine tra i 7/10 anni, si stabilizza e migliora più gradualmente attorno ai 20 anni.
- Potenza: incrementa fino a 20 anni.
- Forza esplosiva: c’è un incremento notevole tra 12 e 15 anni, in precedenza cresce poco e in modo molto graduale.
- Forza resistente: qualità che si manifesta tardivamente.
Già queste indicazioni sono importanti per gestire l’allenamento dei nostri piccoli atleti.Attorno ai 10/14 anni abbiamo lo sviluppo delle caratteristiche di velocità: è in questo momento che si può inserire un buon allenamento anche di palestra, perché attraverso i miglioramenti muscolo/scheletrici andremo a migliorare tutte le altre componenti. Durante l’allenamento il peso non dovrebbe mai superare il 70% della ripetizione massimale. Le caratteristiche degli allenamenti dovranno essere:
- Movimenti veloci ed esplosivi alternati a fasi a più bassa intensità.
- Recuperi completi: questo è un elemento importantissimo.
- Se e quando possibile, eseguire movimenti a carico libero (manubri, bilancieri e piccole resistenze).
- Controllo degli atteggiamenti posturali: attuare eventuali protocolli di lavoro per contrastare atteggiamenti di iperlordosi o ipercifosi, scoliosi ecc. Il tutto in collaborazione con il medico.
- Proponiamo sempre allenamenti che possano sviluppare sia le capacità condizionali che quelle coordinative.
- Allenamenti senza specializzazioni precoci, troppo spesso presenti soprattutto negli sport di squadra: la specializzazione porta spesso allo sviluppo di paramorfismi per ipersollecitazione di alcuni muscoli rispetto ad altri. Una specializzazione precoce può anche comportare la perdita di interesse a causa della monotona ripetitività delle esercitazioni proposte.

Queste situazioni possono avere come conseguenza:
- la stagnazione delle prestazioni, in quanto l’atleta possiede un ristretto bagaglio di schemi motori e quindi riesce ad operare solo in determinate situazioni standardizzate;
- la facilità di traumi all’apparato locomotore, in quanto il sistema muscolare presenta squilibri, spesso notevoli, tra i vari settori del corpo;
- soprattutto nelle discipline con gesto asimmetrico possono sorgere o accentuarsi gli atteggiamenti viziati e predisporre ai paramorfismi;
- l’abbandono precoce della disciplina praticata per mancanza di nuovi stimoli motori e psicologici.
Parlando ad esempio di forza, possiamo dire che Jablonowskij afferma che la forza:
- fino a 11 anni è insignificante: è quindi consigliato stimolare la forza sotto forma di gioco senza elementi di specializzazione;
- da 12 a 15 anni aumenta considerevolmente: si inizia a lavorare in modo più specifico e distrettuale, utilizzando esercizi che prevedono ad esempio l’utilizzo di palle mediche. Teniamo sempre e comunque presente il rispetto dello sviluppo armonico di tutta la struttura muscolo/scheletrica;
- da 15 a 18 anni ha uno sviluppo intenso: la specificità del programma può essere sempre più precisa rispetto all’eventuale altro sport praticato.


Da questi dati possiamo dedurre che il periodo dell’infanzia è particolarmente adatto allo sviluppo della forza tramite un giusto allenamento. È scontato dire che un occhio particolare va dato alla postura del soggetto durante l’esecuzione dei movimenti. Atteggiamenti scorretti comportano in genere carichi articolari notevoli con conseguenti problemi. Le prime due fasi dell’allenamento si occupano di ginnastica formativa, mentre la terza fase è quella più specifica. L’allenamento dovrà prevedere un riscaldamento, una fase centrale e un defaticamento. Tutte le fasi sono assolutamente importanti e da rispettare. Un buon riscaldamento è alla base di un buon allenamento e soprattutto evita spiacevoli infortuni dovuti al fatto che muscoli e articolazioni non sono pronti ad assorbire determinati movimenti. Un buon defaticamento permette un miglior recupero muscolare e articolare, evitando di affrontare l’allenamento successivo con i muscoli ancora carichi di tossine. Importante è fare apprendere le corrette tecniche di sollevamento e la giusta respirazione (è vietato eseguire esercizi in apnea), e limitare il numero delle sedute settimanali a due per permettere ai giovani di dedicarsi ad altre attività e soprattutto avere il loro tempo libero. Fate eseguire gli esercizi in tutta l’escursione articolare possibile. In questo modo, oltre ad ottenere una maggiore efficacia dall’esercizio, viene mantenuta l’elasticità e la lunghezza ottimale dei muscoli e dei tendini. Inizialmente consiglio un numero di ripetizioni pari a circa 15, per consolidare bene l’esecuzione del movimento con carichi bassi. Va evitato che vengano eseguiti esercizi fino all’affaticamento, a causa dei rischi che si possono produrre per le strutture articolari e lo sviluppo osseo. È bene eseguire, all’inizio ed alla fine di ogni seduta di allenamento, opportuni esercizi di stretching. Questo consente di mantenere una buona estensibilità muscolare ed una mobilità ottimale delle articolazioni e insegna al ragazzo l’importanza di questa attività troppo spesso trascurata o male eseguita. Lo stretching nello sport è fondamentale, ma di questo magari ne parleremo in altro momento. A mio parere, gli allenamenti in sala fitness dovrebbero iniziare con la metodica a circuito per una serie di motivi: primo motivo, molto importante, è che questa metodica è divertente, cosa fondamentale quando si ha a che fare con ragazzi di 10/11 anni. Altra motivazione riguarda la multilateralità degli stimoli, ad esempio forza e dimagrimento nello stesso allenamento. Successivamente, con l’avanzare dell’età e dell’esperienza, e magari con l’aumento della passione, potete inserire la metodica con esercizi a serie e ripetizioni. La scelta sarà effettuata dopo un’attenta analisi del soggetto, tenendo presente età, grado di preparazione, problemi fisici, motivazione che lo ha spinto a venire in sala fitness, carattere ecc. Ogni persona deve capire che i centri fitness non sono vietati ai minori, a patto che all’interno di essi ci siano istruttori preparati e adatti a trattare con ragazzi giovani.

venerdì 26 luglio 2013

Gli addominali


Per quanto venga sempre ricercata una ipertrofia per ottenere la massima esteticità, i muscoli addominali andrebbero allenati con un occhio alla funzionalità meccanica ed organica, in rapporto a tutte le relazioni viscerosomatiche. Una conoscenza di base  attiene ad una valutazione appropriata e determina un programma modulato e sicuro.


La muscolatura addominale costituisce un insieme la cui tonicità assolve diverse funzioni, oltre quella motoria, tra cui:

1. tenuta dei visceri
2. coadiuva una corretta meccanica respiratoria
3. dà equilibrio al bacino in quanto i muscoli che vi si inseriscono inducono movimenti. I muscoli flessori del busto (retto add., obliquo est. ed obliquo int.), e gli estensori delle anche (g. gluteo, bicipite femorale c.l., semitendinoso, semimembranoso, g. adduttore, piriforme) inducono una retroversione pelvica delordosizzante per la colonna lombare, salvaguardando i nervi spinali da eccessive compressioni. Al contrario, i muscoli estensori del busto (sacrospinale, quadrato dei lombi, spinali, interspinali, multifidi, intertrasversari, g. dorsale, dentato p i.) ed i flessori delle anche (psoas iliaco, retto anteriore, sartorio, tfl,pettineo, lungo adduttore, breve adduttore, gracile) inducono una anteroversione pelvica lordosizzante per la colonna lombare.
 In dinamica la contrazione bilaterale dei muscoli addominali obliqui stabilizza il rachide, mentre la contrazione del muscolo trasverso, aumentando la pressione intra-addominale, riduce la compressione dei dischi inter-vertebrali lombari, in modo tanto più efficiente quanto più è resistente. Ciò lascia intendere quanto importante sia una muscolatura relativa forte ed efficiente. Le diverse implicazioni viscero-neuro-somatiche mostrano quanto delicata sia questa regione, e di conseguenza con quanta attenzione debba essere temprataDinamica Dovrebbe essere ormai chiaro quanto sia superfluo, a volte dannoso, spossare oltremodo tale regione. I programmi di allenamento sono vari e presuppongono, talvolta, l’ausilio di macchinari, ma saranno efficaci? E soprattutto sicuri? Cominciamo con lo sfatare alcuni “miti”:
• non esiste divisione anatomica tra “addominali alti e bassi”, la variabile è data dal punto fisso (inserzioni ed origini) su cui agire onde non stimolare oltremisura le componenti tendinee • esercizi di rotazione vanno eseguiti considerando la limitante rotatoria del rachide lombare di circa 5° (1°/ vertebra) e non con ROM elevato
• l’esecuzione è, ovviamente, espiratoria. Invertendo tale dinamica (inspirare durante una flessione) otteniamo un lavoro organico (dall’interno verso l’esterno) unito ad un lavoro meccanico leggermente minore, ma ugualmente efficace (NB: inadatto a soggetti metabolici)
• il training da posizione seduti non è sempre la scelta giusta. La presenza delle curve rachidee sagittali preserva l’integrità vertebrale da sollecitazioni assiali. La resistenza di una colonna è uguale al quadrato del numero delle sue curve più uno: R=NC2 +1.
Annullare la lordosi lombare, sedendosi, potrebbe esporre la colonna a sollecitazioni inadeguate.
Premesso questo, passiamo ad una analisi pertinente degli esercizi e delle attrezzature maggiormente diffuse
Da supini, l’allineamento delle cosce al bacino tende i muscoli flessori delle anche, in particolar modo lo psoas iliaco che, data l’inserzione prossimale sulle vertebre lombari, tende a iperlordizzare. Con una flessione delle anche di circa 60° si determina un avvicinamento dei capi di inserzione e, quindi, l’incapacità di tali corpi a coadiuvare il lavoro della parete addominale, a ciò potrebbe aggiungersi una inibizione relativa ad una contrazione isometrica degli estensori delle anche.
In ultimo vi è la possibilità di rendere funzionale l’allenamento svincolato dalle macchine, nonché giostrare sulla propriocettività attraverso elementi destabilizzanti. Una precauzione aggiuntiva potrebbe rivelarsi il reset pelvico: stretch dei flessori dell’anca seguito da stretch. Per gli estensori contro laterali, chiudendo nuovamente con il primo punto e ripetendo la sequenza dal lato opposto, con un rapporto di 2:1 qualora si evidenziasse una eterometria funzionale pelvica .

Conclusioni

Ovviamente gli attrezzi, offrono taluni vantaggi, che potrebbero, però, richiedere un costo in termini di integrità fisica, se non correttamente utilizzati (così come ogni macchina). Sarà il trainer a stabilire tempistica e modalità in base alle esigenza del cliente e, soprattutto alla programmazione dell’allenamento. Va inoltre aggiunto che le moderne attrezzature, oltre a garantire una esecuzione sicura, predispongono vie di fuga, soprattutto a livello vertebrale, in caso di eccessivo carico esterno.





giovedì 25 luglio 2013

BIRRA,ALCOLICI,VINO…..COME INFLUISCONO SULLA NOSTRA SALUTE?

Tutte le bevande alcoliche sono caratterizzate dal contenuto, in concentrazioni più o meno elevate, di alcol etilico o etanolo (CH3CH2OH). Questo alcol a due atomi di carbonio è prodotto in seguito alla fermentazione degli zuccheri, ed è l’unico adatto al consumo alimentare. Esso è contenuto in percentuali generalmente inferiori al 10%vol nelle birre, comprese tra il 10 ed il 15%vol nei vini e fino al 70%vol nei liquori.L’assunzione di bevande alcoliche ha radici molto antiche nella cultura dell’uomo; è ampiamente rappresentato nei pittogrammi egizi ed è menzionato nell’Antico Testamento, dove si narra dell’ubriacatura di Noè (Genesi 9, 20-27). Il consumo superfluo di alcol si è dunque diffuso nei secoli in tutto il mondo, fino ad arrivare ai giorni nostri, dove l’ampia disponibilità di bevande alcoliche ha influito considerevolmente sull’incidenza dell’alcolismo.L’impiego dell’etanolo non si limita comunque alle sole bevande; esso è infatti utilizzato, ad esempio, nella produzione di profumi, di disinfettanti ad uso privato ed industriale e, in alcuni paesi, come combustibile da impiegare al posto della benzina. a cosiddetta “gradazione alcolica” corrisponde alla percentuale in volume di alcol contenuto in una bevanda; un litro di vino con una gradazione del 10% vol contiene dunque 100 ml di alcol. Il peso specifico dell’alcol è inferiore a quello dell’acqua, e pari a 0,79 g/cm3; 100 ml di etanolo corrispondono dunque a 0,79 g/cm3, 100 ml = 79 g di alcol. Considerando che 1 g di etanolo fornisce circa 7 Kcal, un litro di vino con una gradazione alcolica del 10%vol fornisce 79 g, 7 Kcal/g = 553 Kcal, un apporto calorico superiore a quello fornito da 150 g di pasta.
L’ossidazione dell’alcol, pur liberando una notevole quantità di energia, non fornisce alcun nutriente utile all’organismo. L’organismo non metabolizza infatti questa sostanza in funzione delle proprie esigenze organiche, ma con l’unico scopo di neutralizzarla ed eliminarla. L’etanolo, perciò, nonostante l’elevato potere energetico, non ha alcuna valenza dal punto di vista nutrizionale; inoltre, a differenza di carboidrati, grassi e proteine, ha uno scarsissimo indice di sazietà. L’alcol non sostituisce dunque le calorie di altri alimenti, ma ne aggiunge solo delle altre. L’alcol etilico, una volta ingerito, viene rapidamente assorbito, in parte direttamente dallo stomaco ed in parte dall’intestino. Il 90% circa dell’etanolo è metabolizzato dall’organismo, mentre la parte restante è eliminata tramite le urine, il sudore e l’aria espirata (ne sa qualcosa chi è stato sottoposto al test dell’etilometro). Nonostante il metabolismo dell’alcol abbia inizio già nello stomaco, ad opera dell’enzima alcol deidrogenasi gastrica (ADH), il processo avviene in gran parte a livello epatico.
Qui l’etanolo viene dapprima trasformato in acetaldeide ad opera dell’ADH epatica e successivamente convertito in acido acetico grazie all’azione dell’enzima aldeide deidrogenasi (ALD). Dopo questi primi due passaggi l’acido acetico esce dal fegato e viene veicolato dal sangue ad altri tessuti dove può subire destini diversi.
Esso può ad esempio venire convertito in corpi chetonici, oppure attivato in acetil-CoA, che può entrare nel ciclo di Krebs per produrre energia, oppure per essere utilizzato per la sintesi di acidi grassi. Questi saranno quindi uniti al glicerolo, formando così trigliceridi, che saranno depositati nel tessuto adiposo.
Le reazioni che dall’etanolo portano alla formazione di acido acetico, per poter avvenire, necessitano della presenza di una sostanza denominata nicotinammide adenina nucleotide (NAD) nella sua forma ossidata (NAD+). La conversione dell’etanolo ad acido acetico comporta il passaggio del NAD dalla forma ossidata alla forma ridotta (NADH + H+). La disponibilità di NAD in forma ossidata rappresenta purtroppo un fattore limitante nel metabolismo dell’etanolo, ragion per cui la velocità di metabolizzazione dell’alcol a livello epatico è relativamente limitata (circa 8 g di etanolo all’ora, per un uomo di 70 kg). Quando l’apporto di alcol è elevato, il fegato non riesce a smaltire l’eccesso di etanolo e riversa in circolo anche l’acetaldeide, una sostanza tossica per l’organismo.
Lo sbilanciamento del rapporto fra NAD ossidato e NAD ridotto, comportato dal metabolismo dell’alcol, provoca inoltre l’accumulo di un eccesso di ioni H+ a livello cellulare, inducendo un aumento dell’acidità. A questo punto la cellula adotta una serie di misure per rialzare il pH, tali per cui la neoglucogenesi epatica viene bloccata ed il piruvato viene trasformato in lattato. La neoglucogenesi è una via metabolica che consente al fegato di produrre glucosio a partire dal piruvato. Il blocco di questo sistema comporta da un lato una situazione di ipoglicemia, e dall’altro un eccesso di acido lattico intracellulare. Un eccesso di acido lattico può provocare acidosi lattica ed interferire con l’escrezione renale dell’acido urico, fino a determinare la comparsa di gotta. Anche l’ossidazione degli acidi grassi viene compromessa.
Gli H+ in eccesso entrano infatti nei mitocondri, dove vengono utilizzati in alternativa agli H+ prodotti dal metabolismo degli acidi grassi. La via lipolitica viene quindi bloccata e si crea un eccesso di grassi che si depositano nel fegato. L’enzima ADH è inoltre presente in concentrazioni significativamente diverse fra uomini e donne. Queste ultime, infatti, possedendo un’attività enzimatica dell’ADH pari a circa il 50% rispetto agli uomini, devono di norma limitarsi ad assumere quantità di alcol notevolmente inferiori. Una seconda via che interviene nel metabolismo dell’etanolo è il cosiddetto MEOS (Microsomal Ethanol Oxidation System), rappresentato in gran parte dal citocromo P4502E1, che trasforma l’etanolo in acetaldeide e acqua e che interviene allorché la quantità di etanolo assunta è tale da superare le capacità cataboliche di ADH ed ALD.
Questo sistema è anche deputato al metabolismo di alcuni farmaci, che può venire influenzato da una sua eccessiva stimolazione. Per questo motivo un alcolista, se sobrio, richiede un dosaggio più elevato di farmaci per ottenere lo stesso effetto terapeutico. Viceversa, quando un forte bevitore assume farmaci in stato di ebbrezza, il principio attivo viene metabolizzato più lentamente ed i suoi effetti, a parità di dose, sono nettamente maggiori. Gli effetti combinati di alcol e farmaco possono così causare notevoli danni, sia a livello epatico, che di altri organi. Per questa ragione l’assunzione contemporanea di alcol e farmaci deve essere assolutamente evitata. L’alcol, quando viene assunto a dosi elevate, può essere considerato a tutti gli effetti una droga tossica per l’organismo ed in grado di indurre dipendenza. L’etanolo è caratterizzato da un effetto bifasico nei confronti del sistema nervoso centrale (SNC). Quando viene assunto a bassi dosaggi provoca euforia e perdita dei freni inibitori, mentre a dosaggi elevati ha un’azione depressiva. L’assunzione di alcol comporta vasodilatazione ed aumento del flusso ematico a livello cutaneo, con conseguente dissipazione del calore corporeo. La sensazione di calore che si avverte in seguito all’assunzione di una bevanda alcolica è dunque ingannevole. L’alcol sembra inoltre influenzare l’attività secretiva delle cellule β delle isole di Langherans del pancreas, comportando un aumento della secrezione di insulina.
Questo fatto, unito con il blocco della neoglucogenesi, può causare ipoglicemia, che si concretizza nel bisogno di assumere alimenti ricchi di carboidrati. Nei bevitori cronici sono viceversa comuni situazioni di iperglicemia, causate dalla progressiva distruzione delle cellule pancreatiche. Il blocco dell’ossidazione lipidica, indotto da etanolo, determina l’accumulo di grassi nel fegato, fino a provocare una condizione clinica denominata steatosi epatica (fegato grasso). L’assunzione di alcolici provoca inoltre un aumento della sintesi epatica di colesterolo, ed uno sbilanciamento fra le frazioni HDL (il cosiddetto “colesterolo buono”) e LDL (“colesterolo cattivo”).
L’organo più danneggiato dall’abuso di alcol è dunque il fegato, al punto che, nei bevitori cronici, spesso si assiste ad un processo infiammatorio denominato epatite alcolica che può evolversi fino a dare origine ad uno sviluppo fibrotico (cicatriziale) noto come cirrosi epatica. Altri danni legati all’abuso di alcol comprendono ipovitaminosi, esofagite, gastrite, pancreatite, cardiopatia alcolica, calo della libido, infertilità, impotenza.
L’effetto dell’alcol sulla prestazione sessuale si verifica anche in seguito ad una singola assunzione acuta. Una quantità di etanolo pari a 1,5 g per kg di peso corporeo (poco più di 1 litro di vino, per una persona di 70 Kg) è infatti in grado di ridurre la produzione di testosterone del 23-27%. Tale effetto, che si verifica nell’arco di un’ora dall’assunzione, perdura per oltre 24 ore. Nonostante tutte le controindicazioni dell’alcol, un’assunzione moderata e non cronica di alcune bevande alcoliche può comportare degli effetti benefici per la salute. Oltre ad avere un significato conviviale che facilita la socializzazione, l’alcol ha un effetto benefico sui processi digestivi, in quanto stimola l’appetito e le secrezioni gastriche, preparando lo stomaco ad accogliere e digerire il cibo. Alcune bevande alcoliche sembrano inoltre svolgere un’azione protettiva nei confronti delle malattie cardiovascolari.
In uno studio è stato osservato come i francesi, abituati a consumare vino rosso ad ogni pasto, hanno una minore incidenza di malattie cardiovascolari, nonostante la loro alimentazione sia particolarmente ricca di grassi saturi. La funzione benefica del vino rosso, piuttosto che al suo contenuto di etanolo, sembra comunque dovuta alla presenza del resveratrolo, un polifenolo ad azione antiossidante contenuto nella buccia dell’uva. L’alcol sembra inoltre possedere un effetto antinfiammatorio, dal momento che nei bevitori moderati si riscontrano livelli inferiori alla media di proteina-C reattiva (un marker della risposta infiammatoria). La dose accettabile di etanolo per l’uomo non dovrebbe superare i 20-30 g al giorno (corrispondenti a 2 o 3 bicchieri di vino). La donna ne dovrebbe assumere una quantità inferiore, a causa della sua inferiore capacità di metabolizzare l’alcol. È buona norma evitare i superalcolici, optando preferenzialmente per il vino o la birra.

In ogni caso le bevande alcoliche dovrebbero essere sempre assunte durante i pasti. Il consumo di alcol dovrebbe essere assolutamente evitato almeno fino alla pubertà, in quanto i ragazzini possiedono una modesta capacità di metabolizzare l’etanolo. È infine consigliabile l’astensione dall’alcol anche durante la gravidanza e l’allattamento.




martedì 23 luglio 2013

linfodrenaggio..........................



Quando fare linfodrenaggio?
Il linfodrenaggio manuale è un massaggio (utilizzato in particolare nel trattamento della cellulite) che viene praticato per favorire la circolazione della linfa ed il deflusso di liquidi organici e tossine ristagnanti, favorendo il riassorbimento degli edemi (gonfiori) e rilassando le fibre muscolari. La cellulite o lipoedema di solito si manifesta sulle gambe e sui glutei delle donne, ed uno dei trattamenti frequentemente utilizzati per contrastarla, è la tecnica del drenaggio linfatico manuale.
Il linfodrenaggio (di cui una tecnica molto utilizzata è il linfodrenaggio manuale di Vodder) è un messaggio utilizzato nel trattamento della cellulite perché spinge i liquidi linfatici accumulati sotto la pelle (drenaggio linfatico o effetto drenante), con le relative tossine, attraverso i vasi linfatici favorendone l'eliminazione e al tempo stesso rilassandone le fibre muscolari. Infatti il risultato del linfodrenaggio è di facilitare il drenaggio della linfa, riducendo l'edema provocato dalla cellulIl Linfodrenaggio manuale è un massaggio che va eseguito secondo una particolare manualità, per facilitare la circolazione ed il drenaggio della linfa, rispettando la direzione del flusso della linfa verso i linfonodi.
Solitamente il linfodrenaggio manuale non provoca ne arrossamento della cute ne è doloroso, e viene eseguito dal medico estetico o dal fisioterapista purchè esperti nella manualità.
La durata trattamento è variabile a seconda del tipo di paziente e dell’edema (gonfiore) che presenta. Ciascuna seduta dura circa un’ora, ma ricordiamo che possono essere ripetute varie sedute per ciascun ciclo di massaggi.




lunedì 22 luglio 2013

le smagliature..................

Le smagliature (o strie atrofiche distensae) sono delle striature atrofiche presenti sulla pelle, leggermente infossate e di colore dal rosso al bianco. Sono dei veri e propri stiramenti della pelle, simili a cicatrici in cui vi è una riduzione di spessore del derma (avvallamento) ed una colorazione differente dalla pelle e compaiono solitamente raggruppate (2-3) e longitudinali al senso di trazione della pelle.All’inizio la smagliatura si presenta di colore rosso (indice di infiammazione della pelle) ma dopo qualche mese si schiarisce diventando di colore bianco perlaceao e l’aspetto della cute diviene fibroso. Le smagliature appaiono solitamente nelle seguenti zone: Fianchi, natiche, addome, glutei, interno delle braccia, cosce, seno. Un elemento di base causa delle smagliature è la naturale predisposizione diversa da ogni singolo individuo.Le smagliature sono causate dalla continua tensione della pelle (o meglio del collagene ed elastina) che ne provoca una perdita di elasticità e il conseguente stiramento o sfibramento (lesione).La tolleranza cutanea alla trazione è un fattore individuale. Quando viene oltrepassata la soglia il tessuto cutaneo perde coesione istologica.Le smagliature si formano a causa di un’eccessiva tensione del tessuto connettivo della pelle che perde elasticità, provocando uno stiramento del derma e la conseguente lesioneLe cause sono da attribuire a rapidi cambi di peso (aumento e diminuzione di peso) durante la pubertà o la gravidanza, ma le smagliature possono comparire anche in persone non grasse o non in gravidanza, in quanto vi è sempre una componente genetica ovvero una predisposizione individuale.Infatti se la pelle subisce una forte tensione o trazione (rapidi aumenti o diminuzioni di peso, gravidanza, azione degli ormoni, fase di crescita della pubertà, ecc..). il tessuto connettivo viene stressato e stirato e quindi si formano degli strappi ovvero le smagliature.
Le cause principali possono essere quindi riassunte in:
cause ereditarie - predisposizione famigliare
crescita e pubertà
sbalzi di peso
gravidanza
azione degli ormoni
sollecitazioni muscolari molto intense in alcuni sport. Spesso la formazione delle smagliature ha un'origine ereditaria, ma vi sono numerosi fattori che ne possono evitare o rallentare la formazione, quali:
evitare dimagrimenti e ingrassamenti repentini
seguire una dieta equilibrata ricca di frutta, verdura e vitamine
evitare, lo stress ed il fumo fare attività fisica evitare la disidratazione mantenere la pelle elastica in gravidanza utilizzando creme elasticizzati.Solitamente le smagliature difficilmente possono essere eliminate del tutto, in quanto tendono ad essere permanenti, semmai possono essere ridotte o rese meno evidenti.Infatti la terapia ed il risultato dipendono dalla fase in cui ci si trova la smagliatura, e quando ormai la striatura è bianca si può solo cercare di ridurre l’avvallamento della smagliatura e di correggere il colore bianco, in modo che sia meno evidente (anche se non scompare).Il medico inoltre stabilirà se la comparsa delle smagliature sia patologica cioè legata a disfunzioni ormonali o ad altra motivazione.Le terapie principalmente utilizzate sono:
peeling
terapie iniettive di biorivitalizzazione
fitoterapici
microdermoabrasione
acido ialuronico
cromopeel

Solitamente quando le smagliature sono di vecchia data sono permanenti, ovvero non tendono a regredire spontaneamente e sono difficilmente eliminabili, ma invece quando sono comparse da pochi mesi possono essere ancora trattate con un discreto successo.La cura delle smagliature consiste in varie terapie che potranno essere prescritte esclusivamente da un medico, dopo un’attenta visita in studio, ed in particolare ricordiamo i trattamenti con dye laser, gli esfolianti, e gli attivatori del microcircolo. In ogni caso è necessario sempre ricordare che tali cure e trattamenti siano sempre essere eseguiti da un Medico preparato, serio e competente, e vengano effettuati sempre in una struttura seria ed affidabile, che garantisca alla paziente la massima sicurezza, per evitare possibili complicanze, e per un risultato finale ottimale per ridurre le smagliature.






giovedì 18 luglio 2013

La cavitazione

Ridurre il grasso localizzato è uno dei problemi estetici che attanagliano indifferentemente uomini e donne di tutto il mondo. Sappiamo quanto sia complicato e duro, alle volte, affrontare una dieta molto rigida. C'è chi, nei casi più estremi, pensa addirittura ad un intervento chirurgico per eliminare il grasso. C'è però un sistema di nuova generazione che consente di eliminare il grasso in eccesso senza l'aiuto della chirurgia e senza diete rigide: si tratta della cavitazione. La cavitazione non è altro che un metodo di emissione di ultrasuoni che viene utilizzato per vari scopi, compresa la medicina estetica. La cavitazione avviene quando un liquido viene sottoposto ad ultrasuono ad una determinata frequenza, che varia da 20 Khz a 10 Mhz. Gli ultrasuoni sono delle onde sonore non udibili dall'orecchio umano e si diffondono secondo la logica del movimento delle onde del mare. Nel caso della cavitazione ultrasonica estetica, le macchine che emanano onde da 1 a 3 Mhz sono blande e non riescono ad attuare il fenomeno della cavitazione: le migliori sono quelle che hanno cavitazione ultrasonica compresa tra 30 e 70 Khz. Quando l'onda sonora passa attraverso il liquido, genera delle onde di espansione e di compressione, rispettivamente pressione negativa e positiva. Quando l'onda sonora è abbastanza forte, può causare una rapida formazione di bolle di vapore all'interno del liquido, che crescono fino a collassare e implodere. Gli ultrasuoni, dunque, vengono utilizzati proprio per fare implodere le cellule adipose, disgregandole in modo graduale e indolore. In questo modo, si può ridurre il tessuto adiposo senza intervenire con in maniera chirurgica.  Il fatto d'essere un intervento indolore invoglia parecchie persone a sottoporsi a questo tipo di trattamento, che sembra essere l'unico modo per non recare disagi e disturbi al paziente che si sottopone alla cavitazione estetica. Le tecnologie di cavitazione estatica si sono ampiamente evolute nel corso di questi ultimi anni, tanto che adesso è possibile sottoporsi al trattamento senza rischi. Tra l'altro, la cavitazione estetica permette di ridurre i tipi di inestetismi come la pelle a buccia d'arancia e la cellulite.  Il grasso eliminato viene assorbito dal sistema linfatico e smaltito dal metabolismo senza che ce ne accorgiamo. Inoltre, ha anche proprietà diuretiche, poiché aiuta i reni e la circolazione del sangue, eliminando le scorie semplicemente attraverso l'urina. La tecnica della cavitazione è indolore e gli unici e rari effetti collaterali sono delle sensazioni di torpore della parte trattata, sensazioni di calore o un lieve edema. E' comunque sconsigliato a chi ha delle epatopatie o nelle dislipidemie. Fate attenzione: il successo della cavitazione è dato dal macchinario con il quale viene effettuato. Per questo motivo, prestate molta cura a quando vi propongono di fare la cavitazione con macchinari low cost, perché spesso si utilizzano attrezzature che con la cavitazione non hanno niente a che fare, specie quando si propinano macchinari di scarsissima qualità. In passato, la cavitazione medica era conosciuta anche come il CUS, acronimo di idro-lipo-clasia ultrasonica. A metà degli anni ottanta, era una tecnica usata per l'assorbimento delle sostanze cosmetologiche attraverso la cute. Attraverso vari studi, si arrivo a capire che tramite infiltrazione di acqua distillata nel tessuto adiposo, il rendimento della cavitazione aumentava. Dunque, il metodo della cavitazione medica si distingue da quello della cavitazione estetica proprio perché il medico chirurgo applica delle infiltrazioni di soluzione fisiologica mista ad un anestetico locale, mentre in quella estetica vi è solo l'applicazione degli ultrasuoni. Ovviamente, la cavitazione medica è molto più efficace e duratura, ma deve essere effettuata solamente da chirurghi estetici specializzati, seppur si tratta di un intervento non chirurgico. L'intervento di cavitazione medica viene effettuato in day surgery, in una sala operatoria attrezzata per qualsiasi evenienza. A fianco del chirurgo, ci sarà anche un medico anestesista che provvede alla parziale sedazione del paziente, che per tutto l'arco di tempo dell'intervento sarà in grado comunque di parlare con i medici, poiché sarà sedato maggiormente nei momenti di particolare impegno chirurgico. Il grasso viene eliminato con particolari cannule molto sottili e senza l'ausilio di aspiratori automatici, ma grazie a delle siringhe apposite. Se l'intervento è ben eseguito, il paziente non avrà nessun trauma ne dolore. La piccola incisione di circa 2 o tre millimetri viene effettuata in zone nascoste e non si riesce a vedere.

Se la cavitazione medica è effettuata nell'addome, necessita una medicazione con fascia elastica adesiva o un collant a forte compressione, che verrà rimossa dopo circa sette giorni. La cavitazione estetica è una metodologia di lavoro che consente di eliminare gli accumuli di tessuto adiposo in maniera indolore e non invasiva, attraverso l'uso degli ultrasuoni che permettono di allontanare  lo spettro dell'intervento chirurgico, come la liposuzione.Si tratta di una tecnologia innovativa e di recente scoperta, dato che è stata presentata al pubblico solamente nel 2005 e ancora oggi si continua ad innovare e migliorare i risultati grazie ad apparecchiature sempre più sofisticate e sicure.Il funzionamento in parole povere è questo: l'onda sonora viene spinta verso il tessuto adiposo, così da causarne un movimento all'interno delle cellule adipose nelle quali si formano delle microbolle che crescono e poi implodono, disintegrandole. Questa è in maniera molto semplificata la procedura che permette di eliminare il grasso in eccesso grazie alla cavitazione.La cavitazione estetica può essere effettuata sia da un semplice centro estetico, sia da un medico. Attenzione però a non confonderla con la cavitazione medica, della quale si differenzia dal fatto che in quella medica si utilizzano delle infiltrazioni per aumentare l'efficacia, ma può essere praticata solo da medici, ovvero laureati in medicina.La cavitazione estetica avviene solo con l'ausilio degli ultrasuoni, emanati tramite un manipolo appoggiato alla pelle da trattare, così da eliminare gradualmente il tessuto adiposo in eccesso. I risultati fino ad oggi raggiunti sono elevati, ma per essere raggiunti necessitano di macchinari adeguati. L'avvento della cavitazione ha infatti fatto proliferare sul mercato tantissimi prodotti che vengono venduti per buoni, quando invece sono stati realizzati in economia e senza studi adeguati alle spalle. Il nostro consiglio è quello di informarsi sempre sul tipo di macchinario per la cavitazione che il medico o l'estetista vi propone e magari cercare un parere di un esperto per capire se ne vale la pena.Infatti, alcuni di questi macchinari, oltre a emanare ultrasuoni blandi, potrebbero anche essere potenzialmente dannosi, specie quando sono macchine low cost. Ovviamente non è facile comprendere le varie caratteristiche dei macchinari, quindi fatevi sempre consigliare da una persona esperta e di fiducia. Seppur i rischi siano limitati, una macchina economica e una mano inesperta possono provocare cicatrici e bruciature che la normale cavitazione non contempla.La cavitazione estetica potrebbe essere la soluzione più adatta a voi, considerando che è indolore e non invasiva. Ricordate che oltre al grasso localizzato, potrete combattere efficacemente anche l'insorgere della pelle a buccia d'arancia e la cellulite, un problema per tantissime donne.




mercoledì 17 luglio 2013

Allenamento per curare e prevenire la cellulite

Il miglior modo per bruciare i grassi assieme alla dieta, è l’allenamento aerobico, cioè quell’attività a velocità uniforme lenta da eseguirsi in uno stato di tranquillità respiratoria e pulsatoria per un periodo di tempo prolungato, variabile, di norma, fra i 35 e i 40 minuti per 3-4 volte la settimana. Questo allenamento, oltre ad essere un ottimo metodo per stimolare l’organismo a bruciare grassi, è anche un modo per incrementare la microcircolazione tissutale delle zone muscolari interessate, in particolare le cosce, i glutei e i fianchi.L’allenamento aerobico può essere realizzato pedalando in bicicletta, correndo a piedi, camminando a ritmo sostenuto, oppure allenandosi in palestra attraverso attività a prevalente impegno cardiovascolare per l’incremento della resistenza aerobica. La resistenza di base è un presupposto imprescindibile per l'incremento delle capacità aerobiche in genere. Essa permette di incrementare la performance, ritardando l'affaticamento e consentendo una maggiore capacità di sostenere carichi di allenamento specifici più elevati.La corsa lenta viene utilizzata per bruciare i grassi e ridurre il peso corporeo, senza però intaccare la struttura proteica dei muscoli.Ma come si capisce se l’intensità di allenamento è veramente quella aerobica?Il miglior modo per conoscere se l’allenamento che stiamo effettuando ci consentirà di rimediare contro gli inestetismi della cellulite è il cardiofrequenzimetro. Questo strumento ci aiuta a tenere sotto controllo i battiti cardiaci, i quali dovranno essere mantenuti all’interno di un intervallo di frequenza cardiaca pari al 60-70% rispetto a quella massimale (per determinare la frequenza cardiaca massimale si usa, normalmente, la seguente formula teorica: 220-l’età). Tale intervallo di pulsazioni ci consente di allenarci per almeno 35 – 40 minuti con soluzione di continuità, cioè senza fermarci. Naturalmente per osservare queste indicazioni, derivanti dalla letteratura scientifica internazionale, è necessario sostenere una visita medica specialistica per determinare la presenza o meno di eventuali controindicazioni e patologie, in particolare di natura cardiaca e circolatoria.
Pedana vibrante: l’ottima azione che ha sulla circolazione è un valido aiuto alla circolazione. Il tutto se eseguita nel modo corretto e con strumento idoneo.
 Per aiutare il processo di smaltimento delle tossine è importante fare dei periodici bagni basici, cioè mettere 120-150 gr di bicarbonato di sodio nell’acqua calda e rimanere almeno 30-60’ nella vasca. In questo modo le tossine acide migreranno dentro l’acqua resa alcalina dal bicarbonato che infatti diventerà grigiastra.