Tutte le bevande alcoliche sono caratterizzate dal
contenuto, in concentrazioni più o meno elevate, di alcol etilico o etanolo
(CH3CH2OH). Questo alcol a due atomi di carbonio è prodotto in seguito alla
fermentazione degli zuccheri, ed è l’unico adatto al consumo alimentare. Esso è
contenuto in percentuali generalmente inferiori al 10%vol nelle birre, comprese
tra il 10 ed il 15%vol nei vini e fino al 70%vol nei liquori.L’assunzione di
bevande alcoliche ha radici molto antiche nella cultura dell’uomo; è ampiamente
rappresentato nei pittogrammi egizi ed è menzionato nell’Antico Testamento,
dove si narra dell’ubriacatura di Noè (Genesi 9, 20-27). Il consumo superfluo
di alcol si è dunque diffuso nei secoli in tutto il mondo, fino ad arrivare ai
giorni nostri, dove l’ampia disponibilità di bevande alcoliche ha influito
considerevolmente sull’incidenza dell’alcolismo.L’impiego dell’etanolo non si
limita comunque alle sole bevande; esso è infatti utilizzato, ad esempio, nella
produzione di profumi, di disinfettanti ad uso privato ed industriale e, in
alcuni paesi, come combustibile da impiegare al posto della benzina. a
cosiddetta “gradazione alcolica” corrisponde alla percentuale in volume di
alcol contenuto in una bevanda; un litro di vino con una gradazione del 10% vol
contiene dunque 100 ml di alcol. Il peso specifico dell’alcol è inferiore a
quello dell’acqua, e pari a 0,79 g/cm3; 100 ml di etanolo corrispondono dunque
a 0,79 g/cm3, 100 ml = 79 g di alcol. Considerando che 1 g di etanolo fornisce
circa 7 Kcal, un litro di vino con una gradazione alcolica del 10%vol fornisce
79 g, 7 Kcal/g = 553 Kcal, un apporto calorico superiore a quello fornito da
150 g di pasta.
L’ossidazione dell’alcol, pur liberando una notevole
quantità di energia, non fornisce alcun nutriente utile all’organismo.
L’organismo non metabolizza infatti questa sostanza in funzione delle proprie
esigenze organiche, ma con l’unico scopo di neutralizzarla ed eliminarla.
L’etanolo, perciò, nonostante l’elevato potere energetico, non ha alcuna
valenza dal punto di vista nutrizionale; inoltre, a differenza di carboidrati,
grassi e proteine, ha uno scarsissimo indice di sazietà. L’alcol non
sostituisce dunque le calorie di altri alimenti, ma ne aggiunge solo delle
altre. L’alcol etilico, una volta ingerito, viene rapidamente assorbito, in
parte direttamente dallo stomaco ed in parte dall’intestino. Il 90% circa
dell’etanolo è metabolizzato dall’organismo, mentre la parte restante è eliminata
tramite le urine, il sudore e l’aria espirata (ne sa qualcosa chi è stato
sottoposto al test dell’etilometro). Nonostante il metabolismo dell’alcol abbia
inizio già nello stomaco, ad opera dell’enzima alcol deidrogenasi gastrica
(ADH), il processo avviene in gran parte a livello epatico.
Qui l’etanolo viene dapprima trasformato in acetaldeide ad
opera dell’ADH epatica e successivamente convertito in acido acetico grazie
all’azione dell’enzima aldeide deidrogenasi (ALD). Dopo questi primi due
passaggi l’acido acetico esce dal fegato e viene veicolato dal sangue ad altri
tessuti dove può subire destini diversi.
Esso può ad esempio venire convertito in corpi chetonici,
oppure attivato in acetil-CoA, che può entrare nel ciclo di Krebs per produrre
energia, oppure per essere utilizzato per la sintesi di acidi grassi. Questi
saranno quindi uniti al glicerolo, formando così trigliceridi, che saranno
depositati nel tessuto adiposo.
Le reazioni che dall’etanolo portano alla formazione di
acido acetico, per poter avvenire, necessitano della presenza di una sostanza
denominata nicotinammide adenina nucleotide (NAD) nella sua forma ossidata
(NAD+). La conversione dell’etanolo ad acido acetico comporta il passaggio del
NAD dalla forma ossidata alla forma ridotta (NADH + H+). La disponibilità di
NAD in forma ossidata rappresenta purtroppo un fattore limitante nel
metabolismo dell’etanolo, ragion per cui la velocità di metabolizzazione
dell’alcol a livello epatico è relativamente limitata (circa 8 g di etanolo
all’ora, per un uomo di 70 kg). Quando l’apporto di alcol è elevato, il fegato
non riesce a smaltire l’eccesso di etanolo e riversa in circolo anche
l’acetaldeide, una sostanza tossica per l’organismo.
Lo sbilanciamento del rapporto fra NAD ossidato e NAD
ridotto, comportato dal metabolismo dell’alcol, provoca inoltre l’accumulo di
un eccesso di ioni H+ a livello cellulare, inducendo un aumento dell’acidità. A
questo punto la cellula adotta una serie di misure per rialzare il pH, tali per
cui la neoglucogenesi epatica viene bloccata ed il piruvato viene trasformato
in lattato. La neoglucogenesi è una via metabolica che consente al fegato di
produrre glucosio a partire dal piruvato. Il blocco di questo sistema comporta
da un lato una situazione di ipoglicemia, e dall’altro un eccesso di acido
lattico intracellulare. Un eccesso di acido lattico può provocare acidosi
lattica ed interferire con l’escrezione renale dell’acido urico, fino a
determinare la comparsa di gotta. Anche l’ossidazione degli acidi grassi viene
compromessa.
Gli H+ in eccesso entrano infatti nei mitocondri, dove
vengono utilizzati in alternativa agli H+ prodotti dal metabolismo degli acidi
grassi. La via lipolitica viene quindi bloccata e si crea un eccesso di grassi
che si depositano nel fegato. L’enzima ADH è inoltre presente in concentrazioni
significativamente diverse fra uomini e donne. Queste ultime, infatti,
possedendo un’attività enzimatica dell’ADH pari a circa il 50% rispetto agli
uomini, devono di norma limitarsi ad assumere quantità di alcol notevolmente
inferiori. Una seconda via che interviene nel metabolismo dell’etanolo è il
cosiddetto MEOS (Microsomal Ethanol Oxidation System), rappresentato in gran
parte dal citocromo P4502E1, che trasforma l’etanolo in acetaldeide e acqua e
che interviene allorché la quantità di etanolo assunta è tale da superare le
capacità cataboliche di ADH ed ALD.
Questo sistema è anche deputato al metabolismo di alcuni
farmaci, che può venire influenzato da una sua eccessiva stimolazione. Per
questo motivo un alcolista, se sobrio, richiede un dosaggio più elevato di
farmaci per ottenere lo stesso effetto terapeutico. Viceversa, quando un forte
bevitore assume farmaci in stato di ebbrezza, il principio attivo viene
metabolizzato più lentamente ed i suoi effetti, a parità di dose, sono
nettamente maggiori. Gli effetti combinati di alcol e farmaco possono così
causare notevoli danni, sia a livello epatico, che di altri organi. Per questa
ragione l’assunzione contemporanea di alcol e farmaci deve essere assolutamente
evitata. L’alcol, quando viene assunto a dosi elevate, può essere considerato a
tutti gli effetti una droga tossica per l’organismo ed in grado di indurre
dipendenza. L’etanolo è caratterizzato da un effetto bifasico nei confronti del
sistema nervoso centrale (SNC). Quando viene assunto a bassi dosaggi provoca
euforia e perdita dei freni inibitori, mentre a dosaggi elevati ha un’azione
depressiva. L’assunzione di alcol comporta vasodilatazione ed aumento del
flusso ematico a livello cutaneo, con conseguente dissipazione del calore
corporeo. La sensazione di calore che si avverte in seguito all’assunzione di
una bevanda alcolica è dunque ingannevole. L’alcol sembra inoltre influenzare
l’attività secretiva delle cellule β delle isole di Langherans del pancreas, comportando
un aumento della secrezione di insulina.
Questo fatto, unito con il blocco della neoglucogenesi, può
causare ipoglicemia, che si concretizza nel bisogno di assumere alimenti ricchi
di carboidrati. Nei bevitori cronici sono viceversa comuni situazioni di
iperglicemia, causate dalla progressiva distruzione delle cellule pancreatiche.
Il blocco dell’ossidazione lipidica, indotto da etanolo, determina l’accumulo
di grassi nel fegato, fino a provocare una condizione clinica denominata
steatosi epatica (fegato grasso). L’assunzione di alcolici provoca inoltre un
aumento della sintesi epatica di colesterolo, ed uno sbilanciamento fra le
frazioni HDL (il cosiddetto “colesterolo buono”) e LDL (“colesterolo cattivo”).
L’organo più danneggiato dall’abuso di alcol è dunque il
fegato, al punto che, nei bevitori cronici, spesso si assiste ad un processo
infiammatorio denominato epatite alcolica che può evolversi fino a dare origine
ad uno sviluppo fibrotico (cicatriziale) noto come cirrosi epatica. Altri danni
legati all’abuso di alcol comprendono ipovitaminosi, esofagite, gastrite,
pancreatite, cardiopatia alcolica, calo della libido, infertilità, impotenza.
L’effetto dell’alcol sulla prestazione sessuale si verifica
anche in seguito ad una singola assunzione acuta. Una quantità di etanolo pari
a 1,5 g per kg di peso corporeo (poco più di 1 litro di vino, per una persona
di 70 Kg) è infatti in grado di ridurre la produzione di testosterone del
23-27%. Tale effetto, che si verifica nell’arco di un’ora dall’assunzione,
perdura per oltre 24 ore. Nonostante tutte le controindicazioni dell’alcol,
un’assunzione moderata e non cronica di alcune bevande alcoliche può comportare
degli effetti benefici per la salute. Oltre ad avere un significato conviviale
che facilita la socializzazione, l’alcol ha un effetto benefico sui processi
digestivi, in quanto stimola l’appetito e le secrezioni gastriche, preparando
lo stomaco ad accogliere e digerire il cibo. Alcune bevande alcoliche sembrano
inoltre svolgere un’azione protettiva nei confronti delle malattie
cardiovascolari.
In uno studio è stato osservato come i francesi, abituati a
consumare vino rosso ad ogni pasto, hanno una minore incidenza di malattie
cardiovascolari, nonostante la loro alimentazione sia particolarmente ricca di
grassi saturi. La funzione benefica del vino rosso, piuttosto che al suo
contenuto di etanolo, sembra comunque dovuta alla presenza del resveratrolo, un
polifenolo ad azione antiossidante contenuto nella buccia dell’uva. L’alcol
sembra inoltre possedere un effetto antinfiammatorio, dal momento che nei
bevitori moderati si riscontrano livelli inferiori alla media di proteina-C
reattiva (un marker della risposta infiammatoria). La dose accettabile di
etanolo per l’uomo non dovrebbe superare i 20-30 g al giorno (corrispondenti a
2 o 3 bicchieri di vino). La donna ne dovrebbe assumere una quantità inferiore,
a causa della sua inferiore capacità di metabolizzare l’alcol. È buona norma
evitare i superalcolici, optando preferenzialmente per il vino o la birra.
In ogni caso le bevande alcoliche dovrebbero essere sempre
assunte durante i pasti. Il consumo di alcol dovrebbe essere assolutamente
evitato almeno fino alla pubertà, in quanto i ragazzini possiedono una modesta
capacità di metabolizzare l’etanolo. È infine consigliabile l’astensione
dall’alcol anche durante la gravidanza e l’allattamento.

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