Molti studi hanno indicato la disidratazione
e la deplezione di carboidrati come i motivi principali della
stanchezza indotta dall’esercizio fisico, cosa che risulta vera ma non
completamente. Quasi tutti gli atleti che fanno endurance sanno di poter
prolungare la loro attività adottando la pratica del carico glicidico prima di
un duro allenamento o di una competizione sportiva. è altresì molto importante
bere liquidi prima e durante l’attività per prevenire disidratazione e colpi di
calore.
Molti atleti però ignorano tutti i fattori che provocano la stanchezza muscolare, tra cui il calo delle fonti energetiche muscolari, l’abbassamento dei livelli di glucosio del sangue e pure l’aumento di acido lattico.
Molti atleti però ignorano tutti i fattori che provocano la stanchezza muscolare, tra cui il calo delle fonti energetiche muscolari, l’abbassamento dei livelli di glucosio del sangue e pure l’aumento di acido lattico.
La disidratazione
Durante l’allenamento, il corpo perde acqua attraverso la sudorazione e l’evaporazione. Quando il corpo perde acqua, cala la capacità del sangue di trasportare i nutrienti vitali (glucosio, acidi grassi, ossigeno) verso i muscoli che lavorano; inoltre si compromette la capacità del sangue di eliminare i prodotti di scarto del metabolismo (anidride carbonica, acido lattico). Anche la più lieve disidratazione, come per esempio il 2% del peso corporeo, può intaccare il rendimento atletico.
Teniamo presente che:
- 1% disidratazione: calo di performance
- 2% disidratazione: manifesto senso della sete
- 5% disidratazione: crampi, debolezza
- 7% disidratazione: malessere generale, profonda debolezza, allucinazioni
- 10% disidratazione: rischio di colpo di calore.
Durante l’allenamento, il corpo perde acqua attraverso la sudorazione e l’evaporazione. Quando il corpo perde acqua, cala la capacità del sangue di trasportare i nutrienti vitali (glucosio, acidi grassi, ossigeno) verso i muscoli che lavorano; inoltre si compromette la capacità del sangue di eliminare i prodotti di scarto del metabolismo (anidride carbonica, acido lattico). Anche la più lieve disidratazione, come per esempio il 2% del peso corporeo, può intaccare il rendimento atletico.
Teniamo presente che:
- 1% disidratazione: calo di performance
- 2% disidratazione: manifesto senso della sete
- 5% disidratazione: crampi, debolezza
- 7% disidratazione: malessere generale, profonda debolezza, allucinazioni
- 10% disidratazione: rischio di colpo di calore.
Ricordiamo che anche una parziale reintegrazione di liquidi può
ridurre il rischio del surriscaldamento e il calo di prestazione. L’acqua pura
può essere utilizzata per reintegrare i liquidi, ma non è la bevanda migliore
da usare durante e dopo un’attività fisica. Per reintegrare i liquidi persi con
la sudorazione, occorre assumere bevande che contengano sostanze come il
glucosio e il sodio che servono a mantenere il volume del sangue a livelli
idonei e favoriscono l’assorbimento e l’entrata dell’acqua nei tessuti. Queste
due sostanze determinano anche un aumento del senso della sete, che a sua
volta, vi spingerà a continuare a bere, e più si
beve più si reintegrano i liquidi persi.
Una buona bevanda deve avere due elementi bilanciati che sono:
1 – CARBOIDRATI 30/100 g/l
2 – SODIO 400/1100 mg/l
Evitate l’utilizzo di normale zucchero, perché provoca uno sbalzo glicemico che determina un innalzamento della prestazione in corrispondenza del picco glicemico e un abbassamento della prestazione in corrispondenza del conseguente abbassamento glicemico per autoregolazione.
1 – CARBOIDRATI 30/100 g/l
2 – SODIO 400/1100 mg/l
Evitate l’utilizzo di normale zucchero, perché provoca uno sbalzo glicemico che determina un innalzamento della prestazione in corrispondenza del picco glicemico e un abbassamento della prestazione in corrispondenza del conseguente abbassamento glicemico per autoregolazione.
Il surriscaldamento
La temperatura di un atleta, che normalmente si aggira sui 37°C, può arrivare fino ai 40°C e oltre, durante un’intensa attività fisica. Il sistema circolatorio trasporta il calore generato dai muscoli alla pelle perché venga dissipato. Mentre una certa percentuale di sangue viene utilizzata per regolare la temperatura corporea, continua è la richiesta di sangue per il fabbisogno energetico e metabolico dei muscoli che lavorano. Il sovraccarico al sistema circolatorio che ne può derivare, provoca un’inadeguata dissipazione del calore corporeo e un corrispondente aumento della temperatura corporea dell’atleta.
Il problema di un eccessivo aumento della temperatura corporea cresce quando il clima è caldo e umido. Il sudore, in tali condizioni, non evapora in maniera adeguata, perché l’aria che ci circonda è già satura di acqua. Senza gli effetti refrigeranti dell’evaporazione il corpo non è in grado di mantenere la temperatura corporea nei suoi limiti normali. Se continuate a sforzarvi in queste condizioni, aumenterete la probabilità di un collasso da calore. La temperatura corporea oltre i 40°C è una condizione che può risultare molto pericolosa.
Per questo motivo è importante reintegrare i liquidi durate un allenamento o una gara, ed è altrettanto importante non essere troppo vestiti durante le vostre prestazioni qualsiasi esse siano. Evitate indumenti che non permettano l’evaporazione del sudore. Evitate accuratamente quelle tute o pancere che vengono vendute come dimagranti: sono proprio queste che, in molti casi, non permettono evaporazione e determinano un eccessivo aumento della temperatura. La sensazione di sudare molto è data proprio dal fatto che l’acqua prodotta non evapora, dandoci la sensazione visiva di aver sudato molto: tutto ciò determina un aumento della temperatura e la possibilità del colpo di calore. Ricordate che per dimagrire serve metodo, allenamento e un corretto regime alimentare.
La temperatura di un atleta, che normalmente si aggira sui 37°C, può arrivare fino ai 40°C e oltre, durante un’intensa attività fisica. Il sistema circolatorio trasporta il calore generato dai muscoli alla pelle perché venga dissipato. Mentre una certa percentuale di sangue viene utilizzata per regolare la temperatura corporea, continua è la richiesta di sangue per il fabbisogno energetico e metabolico dei muscoli che lavorano. Il sovraccarico al sistema circolatorio che ne può derivare, provoca un’inadeguata dissipazione del calore corporeo e un corrispondente aumento della temperatura corporea dell’atleta.
Il problema di un eccessivo aumento della temperatura corporea cresce quando il clima è caldo e umido. Il sudore, in tali condizioni, non evapora in maniera adeguata, perché l’aria che ci circonda è già satura di acqua. Senza gli effetti refrigeranti dell’evaporazione il corpo non è in grado di mantenere la temperatura corporea nei suoi limiti normali. Se continuate a sforzarvi in queste condizioni, aumenterete la probabilità di un collasso da calore. La temperatura corporea oltre i 40°C è una condizione che può risultare molto pericolosa.
Per questo motivo è importante reintegrare i liquidi durate un allenamento o una gara, ed è altrettanto importante non essere troppo vestiti durante le vostre prestazioni qualsiasi esse siano. Evitate indumenti che non permettano l’evaporazione del sudore. Evitate accuratamente quelle tute o pancere che vengono vendute come dimagranti: sono proprio queste che, in molti casi, non permettono evaporazione e determinano un eccessivo aumento della temperatura. La sensazione di sudare molto è data proprio dal fatto che l’acqua prodotta non evapora, dandoci la sensazione visiva di aver sudato molto: tutto ciò determina un aumento della temperatura e la possibilità del colpo di calore. Ricordate che per dimagrire serve metodo, allenamento e un corretto regime alimentare.
La deplezione delle fonti energetiche dei muscoli
Durante un esercizio molto intenso e di breve durata, la deplezione del glicogeno muscolare può provocare stanchezza. Durante le prime fasi di un’attività fisica, la maggior parte dell’energia fornita dai carboidrati viene dal glicogeno immagazzinato nei muscoli. Mentre l’esercizio continua, le riserve di glicogeno nel muscolo si vanno esaurendo, il glicogeno diventa una fonte sempre meno consistente di energia. La figura 1 illustra le proporzioni di nutrienti che si usano durante un’attività fisica.
Dopo circa due ore
di esercizio di resistenza, le riserve di glicogeno si abbassano rapidamente.
Il ridotto contributo del glicogeno muscolare viene controbilanciato da un
aumento del contributo di glucosio circolante (glicemia) nel sangue. Dopo circa
tre ore di esercizio, la maggior parte dell’energia fornita deriva dal glucosio
circolante, che viene trasferito dal sangue ai muscoli impegnati nell’attività.
Ciò provoca un abbassamento dei livelli di glicemia. Il fegato che nel frattempo ha fornito una certa quantità di glucosio, derivante dalle molecole di glicogeno, riduce la sua produzione a causa dell’esaurimento del glicogeno epatico. Interviene a questo punto il senso di stanchezza, dovuto al fatto che non c’è più abbastanza glucosio del sangue per compensare la deplezione di glicogeno dei muscoli. Oltre a fornire l’energia necessaria alla contrazione muscolare, il glucosio è una fonte vitale d’energia per il cervello e per il sistema nervoso.
Durante competizioni sportive di lunga durata, spesso si usano bevande sportive, gel glicidici e barrette energetiche, nel tentativo di ritardare la stanchezza e di mantenere alte le concentrazioni di glucosio, per sostenere soprattutto efficienti le funzioni del sistema nervoso centrale. Alcune ricerche condotte dal dottor Edward Coyle, dell’Università del Texas, hanno dimostrato che durante l’attività fisica, gli atleti sono in grado di assorbire fino a 80 g di carboidrati per ora. Questo può ritardare la stanchezza dai 30 ai 60 minuti, perché i muscoli impegnati sfruttano principalmente il glucosio del sangue per ottenere energia.
Durante un esercizio molto intenso e di breve durata, la deplezione del glicogeno muscolare può provocare stanchezza. Durante le prime fasi di un’attività fisica, la maggior parte dell’energia fornita dai carboidrati viene dal glicogeno immagazzinato nei muscoli. Mentre l’esercizio continua, le riserve di glicogeno nel muscolo si vanno esaurendo, il glicogeno diventa una fonte sempre meno consistente di energia. La figura 1 illustra le proporzioni di nutrienti che si usano durante un’attività fisica.

Ciò provoca un abbassamento dei livelli di glicemia. Il fegato che nel frattempo ha fornito una certa quantità di glucosio, derivante dalle molecole di glicogeno, riduce la sua produzione a causa dell’esaurimento del glicogeno epatico. Interviene a questo punto il senso di stanchezza, dovuto al fatto che non c’è più abbastanza glucosio del sangue per compensare la deplezione di glicogeno dei muscoli. Oltre a fornire l’energia necessaria alla contrazione muscolare, il glucosio è una fonte vitale d’energia per il cervello e per il sistema nervoso.
Durante competizioni sportive di lunga durata, spesso si usano bevande sportive, gel glicidici e barrette energetiche, nel tentativo di ritardare la stanchezza e di mantenere alte le concentrazioni di glucosio, per sostenere soprattutto efficienti le funzioni del sistema nervoso centrale. Alcune ricerche condotte dal dottor Edward Coyle, dell’Università del Texas, hanno dimostrato che durante l’attività fisica, gli atleti sono in grado di assorbire fino a 80 g di carboidrati per ora. Questo può ritardare la stanchezza dai 30 ai 60 minuti, perché i muscoli impegnati sfruttano principalmente il glucosio del sangue per ottenere energia.
L’acido lattico
L’acido lattico è un sottoprodotto del metabolismo anaerobico
che non serve ai muscoli che si stanno esercitando. Al contrario, l’acido
lattico si diffonde nel flusso sanguigno che lo trasporta al cuore, al fegato e
ai muscoli inattivi, dove viene riconvertito in glucosio. Ma quando l’intensità
dell’esercizio aumenta, nei muscoli si accumula sempre di più acido lattico,
che il sangue deve riuscire ad eliminare. Il livello di acido lattico nel
sangue, quindi, aumenta con l’aumentare dell’intensità dell’esercizio. Se si
mantiene alto questo livello di intensità si raggiunge la soglia del lattato,
definita come il punto in cui il livello di acido lattico nel sangue è maggiore
di quello che l’organismo è in grado di metabolizzare, come mostrato nella figura 2.
La soglia del
lattato viene considerata come un eccellente indicatore del potenziale di
resistenza di un atleta. Generalmente, in due atleti con la medesima capacità
di assorbire ossigeno, quello con la soglia del lattato più alta riesce meglio
nelle attività di resistenza. L’accumulo di acido lattico provoca una
sensazione di bruciore muscolare e stanchezza se non viene eliminato in fretta
dai muscoli. Anche se si può tollerare l’acido lattico per brevi periodi di
tempo, si dovrebbe concedere ai muscoli di rilassarsi ogni volta che è
possibile, in modo da permettere al sangue di portare via il lattato, e di
fornire ai tessuti ossigeno necessario per l’efficienza del metabolismo
aerobico. La stanchezza mentale Oltre a studiare le cause della stanchezza
muscolare, recentemente ci si è concentrati anche sulla stanchezza mentale che
si verifica durante un’attività fisica. Generalmente viene definita stanchezza
centrale perché è il risultato di un alterato funzionamento del sistema nervoso
centrale. Anche se la stanchezza mentale non influisce direttamente sui
muscoli, essa può senz’altro ridurre il rendimento fisico. Il dottor Eric
Newsholme della Oxford University ha scoperto una correlazione tra i livelli
dell’aminoacido triptofano nel cervello e il grado di stanchezza mentale.
Quando il triptofano entra nel cervello, può deprimere l’attività del sistema
nervoso centrale, provocando sonnolenza e stanchezza. Questo accade perché nel
sangue ci sono sufficienti quantità di leucina, isoleucina, valina, che sono
aminoacidi a catena ramificata, che regolano l’ingresso del triptofano nel
cervello. Durante l’attività fisica prolungata le cellule muscolari iniziano ad
usare maggiori quantità di aminoacidi, al fine di ottenere energia da essi, in
quanto sono dei buoni sostituti energetici del glucosio. Questi vengono
estratti dal sangue e così si riduce, conseguentemente, la loro concentrazione.
Risultato è che la loro diminuzione, soprattutto degli aminoacidi prima
menzionati, permette al triptofano di entrare nel cervello ed attivare il
meccanismo che conduce alla stanchezza centrale. Studi suggeriscono che una
regolare integrazione di aminoacidi a catena ramificata può prevenire
l’insorgere della stanchezza mentale. E’ stato dimostrato che l’integrazione
prima e durante l’esercizio con tali composti migliora il rendimento. Per avere
buone prestazioni è quindi molto importante: – Ingerire la giusta quantità di
liquidi prima/durante e dopo l’attività – Ingerire la giusta quantità di
carboidrati – Determinare il proprio valore di soglia anaerobica con test del
lattato e allenare questa situazione – Stabilire con il proprio preparatore
giorni di allenamento e giorni di recupero. Trovare l’allenamento ideale e
soprattutto non esagerare è la chiave per migliorare ogni tipo di prestazione,
ma ricordate che non è possibile evitare fatica e sudore.

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